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Aggiornato 17:25, 14-03-2024

Non si possono fare giochi di prestigio con le leggi

Un recente seminario sulla legge 107/2015, tenutosi a Lecco su iniziativa dell’Associazione delle scuole autonome della provincia, e che ha avuto come relatrice la dr.ssa Anna Armone, ci vede costretti ad intervenire per fare un po’ di chiarezza ed anche per dare conforto ai dirigenti scolastici presenti, probabilmente sorpresi e disorientati dall’arditezza di alcune tesi sostenute dalla relatrice.

 

Un seminario sulla legge107/2015, proprio perché promosso da un’associazione di scuole autonome e non da una sigla politica o sindacale, avrebbe dovuto garantire un’equilibrata ed obiettiva analisi della norma, non necessariamente scevra da eventuali elementi critici. La relazione della dr.ssa Armone è stata invece abilmente giocata su una valutazione complessivamente asettica della legge, accompagnata, però, da una serie di interrogativi aperti che in qualche modo ne hanno evidenziato alcune incoerenze giuridiche di fondo e connotata, in particolare, dal totale disconoscimento del rafforzamento del ruolo dirigenziale operato consapevolmente dal decisore politico, al punto da negarlo alla radice in virtù di un supposto, ma non dimostrato, rapporto di equiordinazione tra dirigente e collegio docenti, che ha indotto la relatrice a teorizzare, in un abile gioco di prestigio, che non esiste funzione dirigenziale che non sia subordinata a parere e delibera del collegio docenti.

Tutto nascerebbe dal fatto che la legge 107/2015 non ha abrogato il D.lgs. 297/1994, in particolare l’art. 7, e che dunque il collegio docenti continua a detenere una presunta competenza esclusiva su ogni atto che attenga alla pianificazione e all’organizzazione dell’attività didattica. Tesi particolarmente ardita e, diciamolo, molto schierata, costruita al solo scopo di dimostrare che il dirigente scolastico non possa agire in modo autonomo tutte le nuove competenze che la legge 107/2015 gli ha assegnato in tutti i casi in cui il collegio docenti non lo abbia autorizzato.

Nulla conta che il D.lgs. 297 risalga al 1994, in un’era in cui non esisteva l’autonomia scolastica e i capi d’istituto non rivestivano qualifica dirigenziale, probabilmente rimpianta dalla dr.ssa Armone alla stregua di un’età dell’oro della scuola italiana. Nulla conta che la tesi contraddica uno dei princìpi cardine della nostra tradizione giuridica e cioè che "lex posterior derogat priori", secondo il quale in caso di antinomia tra due norme di legge prevale quella che è stata promulgata successivamente, ossia quella più recente, principio al quale la dr.ssa Armone, alla quale sicuramente non difettano le competenze giuridiche, si era richiamata in un suo recente articolo su una rivista scolastica. Ma soprattutto nulla conta che il decisore politico abbia assunto l’impegno di adottare, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di riforma, una serie di decreti legislativi, tra cui:

“a) riordino delle disposizioni normative in  materia  di  sistema nazionale di istruzione e formazione attraverso:

  1. la redazione di un testo unico delle disposizioni in materia di istruzione già contenute nel testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994,  n. 297, nonché nelle altre fonti normative;
  2. l'articolazione e la rubricazione delle disposizioni di legge incluse nella codificazione per materie  omogenee,  secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse;
  3. il riordino e il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni di legge incluse nella codificazione, anche apportando integrazioni e modifiche innovative e per garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica, nonché per adeguare le stesse all'intervenuta evoluzione del quadro giuridico nazionale e dell'Unione europea;
  4. l'adeguamento della normativa inclusa nella codificazione alla giurisprudenza costituzionale e dell'Unione europea;
  5. l'indicazione espressa delle disposizioni di legge abrogate;”. [comma 181]

Ci sembra impossibile nutrire dubbi sulla volontà del Governo di riscrivere ab origine il Testo Unico delle norme sulla scuola e di abrogare in quella sede tutte le norme da tempo incongruenti con il quadro normativo che si è andato definendo in particolare nell’ultimo settennio; e comunque resta il fatto che una norma vecchia di 22 anni non può impedire ad una legge del 2015 di produrre tutti i suoi effetti.

Tutto questo la dr.ssa Armone non lo ignora ma, comunque, lo rimuove per tenere il punto sulla sua tesi. Ma riteniamo altamente improbabile che i dirigenti scolastici che hanno ascoltato la sua relazione possano credere al suo gioco di prestigio.

Vediamo, in particolare, le conseguenze del suo ragionamento sugli atti che attengono più strettamente alle prerogative dirigenziali.

Comma 14.4 - “Il piano è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione  e di amministrazione definiti dal dirigente  scolastico”.

Per assolvere a questo funzione, di estrema importanza per orientare ed inquadrare il successivo lavoro di elaborazione del POF triennale, il dirigente scolastico, secondo la dr.ssa Armone, dovrebbe attivare un processo preventivo di negoziazione e di condivisione degli indirizzi con il collegio. Soltanto dopo averne acquisito il consenso potrebbe assegnare gli stessi all’organo tecnico. In pratica [primo gioco di prestigio!] il collegio in questo modo sarebbe legittimato a vedersi assegnati soltanto gli indirizzi che hanno ricevuto il suo gradimento e a rigettare ed ignorare tutti gli altri, stoppati in fase di verifica preventiva con voto del collegio stesso. La conclusione che esce dal cilindro è che gli indirizzi per il POF triennale anziché assegnarli il dirigente se li autoassegna il collegio docenti. Ma tutto questo dove sta scritto?

 

2.Comma 83 - “Il  dirigente scolastico può individuare nell'ambito dell'organico dell'autonomia fino al 10 per cento di docenti che lo coadiuvano in attività di supporto organizzativo e didattico dell'istituzione scolastica.”

In merito a questa funzione la dr.ssa Armone, sempre guidata dalla stella polare del D.lgs. 297/1994, arriva a teorizzare la netta differenza tra collaboratori del dirigente con compiti di supporto organizzativo e collaboratori con compiti di supporto didattico. Per quanto riguarda i primi concede benevolmente al dirigente scolastico il diritto di sceglierli, ma sui secondi non ha il minimo dubbio che la competenza ad individuarli spetti al collegio docenti. In pratica [secondo gioco di prestigio!] l’equiordinazione dirigente-collegio impone che una parte dello staff dirigenziale, anziché essere fondato sul rapporto fiduciario e sulla valutazione delle competenze professionali, sia co-determinato dal dirigente insieme al collegio. Ma tutto questo dove sta scritto?

 

3.Comma 127 - “Il dirigente scolastico, sulla base dei criteri individuati dal comitato per la valutazione dei  docenti, istituito ai sensi dell'articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come  sostituito dal comma 129 del presente articolo, assegna annualmente al personale docente  una somma del fondo di cui al comma 126 sulla base di motivata valutazione.”.

Era inevitabile, date le premesse teoriche, che la relazione della dr.ssa Armone andasse ad impattare anche con la vexata questio della valorizzazione del personale docente e con la relativa attribuzione del bonus premiale. La procedura presentata agli sventurati dirigenti scolastici di Lecco (ma temiamo che non siano gli unici) subordina il lavoro del Comitato di valutazione d’istituto ad una preventiva delibera circa i criteri da applicare da parte del collegio docenti, il Comitato deve limitarsi a recepire “i misuratori definiti dal collegio”, poi il dirigente scolastico deve sottoporre a contrattazione integrativa d’istituto i criteri di ripartizione delle risorse, soltanto al termine di questa macchinosa e fantasiosa procedura potrebbe attribuire il bonus. In quest’ultimo passaggio purtroppo al prestigiatore è caduta una carta dalla manica, nel senso che il trucco stavolta non è riuscito alla perfezione e sono venuti a galla gli interessi che la relatrice ha deciso di rappresentare. Nulla di illegittimo, dal momento che ognuno è libero di avere le proprie opinioni anche in merito ad una riforma che mette in radicale discussione una serie di equilibri e di poteri che hanno pesato e non poco sul funzionamento e sulla qualità del sistema scolastico nazionale. Ma la procedura proposta in quale parte della legge è prevista?

Sarebbe stato opportuno dichiarare esplicitamente la propria contrarietà allo spirito della riforma; in questo caso i dirigenti scolastici presenti avrebbero riflettuto consapevolmente sulle posizioni espresse e tratto le loro conclusioni. Altra cosa è fare finta di condividere la legge e poi tradurla in proposte che la negano e la contraddicono, costringendo i dirigenti scolastici  meno solidi nelle loro convinzioni a preoccuparsi per l’eventuale illegittimità del loro operato.

Fortunatamente i dirigenti scolastici di Lecco, e non solo,  sanno  di essere responsabili del principio di legittimità e difficilmente accetteranno di prendere per realtà i giochi di prestigio della dr.ssa Armone, alla quale ricordiamo un’ultima citazione “dura lex,sed lex”. Fortunatamente la legge 107/2015 non si presta né ad alchimie giuridiche né a giochi di prestigio: il dirigente scolastico definisce gli indirizzi del POF, può individuare i docenti che lo coadiuvano, assegna annualmente il bonus, e a scuola ci hanno insegnato che l’indicativo è il modo della realtà.  È bene che la dr.ssa Armone se ne faccia una ragione, soprattutto quando parla in contesti che non sono assimilabili alle tribune sindacali.

Massimo Spinelli

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